giovedì 2 dicembre 2010

Diario di un'anonima: "Clandestini"

Uh! Come sono fortunata.

Con il lavoro che faccio, incontro tanta gente. Persone che non avrei mai conosciuto, probabilmente, senza questo mestiere. Mi càpita d'incontrare belle famiglie, ragazzi eccezionali, bambini incredibili, insegnanti instancabili e genitori eroi. Ma anche famiglie disastrose, ragazzi impossibili, bambini altamente problematici, insegnanti ignoranti o stufi e genitori stronzi.
Ho una mobilità pazzesca! Pensa che, se solo mi gira (ma anche se gira al mio datore di lavoro) posso cambiare incarico da un giorno all'altro o anche rimanere senza, sempre da un giorno all'altro.
Se al mattino mi alzo con due linee di febbre, le tonsille in fiamme, la nausea o le scatole girate, posso chiamare "il capo" e avvisare che non potrò venire. Se sto a casa più di 3-4 giorni, non devo portare nessun certificato medico. Finché lui sopporta e io non sono troppo malata, funziona. Se non funziona, resto senza lavoro.

Per le vacanze, seguo il calendario scolastico. Fichissimo! A Natale 20 giorni, ponti vari, giorni a Pasqua e più di 2 mesi d'estate. Non pagati. E obbligatori.
Durante i 2 mesi estivi, però, posso sempre occupare il tempo cercando di scoprire se a settembre avrò ancora un lavoro, o almeno mezzo.

Il mio lavoro, nessuno sa come debba essere svolto. Me lo invento.
Il più delle volte lavoro a scuola e i miei "colleghi" non sono miei colleghi. Loro sono dipendenti della scuola, io no. Loro sono insegnanti, io no. Il maestro di sostegno ha delle schede di valutazione da compilare, un direttore scolastico cui rivolgersi, un contratto che funge da regolamento, io no. A pranzo, loro hanno un posto a tavola con i bambini e il pasto assicurato, io no. E questa ve la devo raccontare:
ogni giorno, noi tutti a scuola si recita una scena, sempre la stessa. Le signore che lavorano in cucina, poco prima delle 12.00 entrano in classe, apparecchiano, se ne vanno. Poi noi rientriamo in classe, io conto i posti a tavola, i bambini, le maestre e concludo: manca il coperto per me. Allora vado in cucina e chiedo: "Posso prendere una tovaglietta, delle posate e un bicchiere?" "Per te?" "Sì." "Ok." E torno in classe con le mie cose in mano. Prendo una sedia e mi metto di fianco al mio bambino, quello per cui sono lì. A quel punto aspetto una porzione. Se i bambini non prendono il bis. Altrimenti a volte qualche maestra divide con me il suo pasto, o porto qualche snack da casa. Mi sono pure portata qualche piatto di plastica, sai mai che un giorno non mi dessero il piatto.
Questo perché sul registro della mensa io non devo comparire e se viene un controllo sono cavoli amari, pare. Così, devo chiedere per piacere posso prendere una tovaglietta delle posate e un bicchiere. TUTTI i giorni.

Ogni mattina, io lavoro in una Scuola Materna Comunale del Comune di Milano.
Di pomeriggio, lavoro presso un'altra sede del Comune di Milano (che menomale che esiste e ringrazierò sempre per questo).
I soldi che percepisco mensilmente, grazie a una serie di equilibri molto fragili, basati solo e soltanto sulla buona volontà mia e di chi mi paga, provengono dalla Provincia di Milano. Chi mi paga è la famiglia della persona che assisto. La mia figura lavorativa si chiama "Assistente alla comunicazione".

Eppure, la mia posizione lavorativa è inspiegabile.

Il mio lavoro è un servizio dell'Ufficio Disabilità Sensoriali della Provincia di Milano che sul proprio sito scrive:
“Per una persona disabile riuscire a condurre una vita indipendente significa poter essere se stessa nonostante le oggettive difficoltà, ossia essere libera nonostante ogni disabilità”
La Provincia di Milano sostiene l’esigibilità dei diritti dei cittadini disabili, promuovendo l’uguaglianza nella diversità e contrastando ogni forma di discriminazione. L’Ente opera sia come erogatore di servizi nel settore delle disabilità sensoriali, ambito storicamente di competenza provinciale, sia come partner nei rapporti interistituzionali con i Comuni, singoli o associati. Promuove e sostiene, anche in collaborazione con il privato sociale, i progetti finalizzati a migliorare la qualità della vita, favorire l’integrazione sociale, tutelare i soggetti diversamente abili e si fa propositore di iniziative innovatrici, volte a diffondere una cultura capace di accogliere i molteplici volti della diversità.
Il che è molto nobile, ma viene da domandarsi se sia giusto discriminare e maltrattare chi, per conto della stessa Provincia, di fatto, poi eroga questo bel servizio tutti i giorni lavorativi della propria esistenza.

Alcuni altri esempi interessanti di cose che caratterizzano me e quindi la mia categoria (si può parlare di categoria? Boh.):

  • Non sono coperta da nessuna assicurazione, per dirne una. Né da quella della scuola, né da quella della famiglia, né da quella del Comune, né tantomeno da quella della Provincia. Pago quindi un'assicurazione infortuni che mi copre nelle ore lavorative, ovunque mi trovi. Ma questo, si sa, è un problema di molti.
  • Non ho nessun tipo di previdenza sociale, niente pensione per me. Per questo, sempre tramite la mia assicurazione, ho dovuto crearmi un programma di accantonamento. Anche questo, probabilmente, è l'incubo di tante persone della mia età e non solo.
  • Non ho nemmeno un contratto e quindi nessun datore di lavoro, sulla carta. Nessuno con cui trattare le condizioni di lavoro, nessuno, niente. Ufficialmente io, semplicemente, non risulto. Un fantasma che si aggira per le scuole.
  • Percepisco un assegno circolare a mio nome che la Provincia eroga in favore della famiglia del mio assistito. Essa, a inizio anno, firma una delega grazie alla quale ho l'onore di poter andare alla Cassa Economale a ritirare il contributo mensile che la Provincia ha stanziato per lei.

  • Gli orari dello sportello Cassa sono dal lunedì al giovedì 8.30-12.30, venerdì 8.30-12.00. Orario rigorosamente scolastico. Orario in cui noi si lavora.
    Adesso forse hanno ristabilito anche un'ora dalle 14.00 alle 15.00, che esisteva anni fa! Potrò quindi smettere di prendere permessi dal lavoro per ritirarmi lo stipendio.

Ti domandi perché non mi faccio versare il contributo (il nostro in realtà non si chiama stipendio, è un contributo alla famiglia che noi ritiriamo per delega concessa) sul conto corrente? Perché non si può. Fine della spiegazione ricevuta.


Adesso, poi, è ancora meglio! Da gennaio, infatti, il contributo verrà, sì, versato su un conto corrente, ma quello della famiglia (la quale non è nemmeno detto ce l'abbia, un conto corrente, caso in cui dovrà provvedere entro gennaio ad aprirne uno). Una volta ricevuto il contributo, la famiglia dovrà versare la somma ricevuta sul conto corrente.
Tieni presente anche del fatto che il famoso contributo viene erogato con 2 mesi di ritardo rispetto al mese cui si riferisce (settembre viene erogato a novembre e così via). Aggiungi i tempi tecnici di questa bella giostra...


E io, in questa posizione, come mi comporto con le tasse??

Questa sera, finalmente (e si fa solo per dire), il commercialista mi ha chiarito la mia posizione: inesistente ma comunque tassabile. Devo pagare le tasse su un compenso ridicolo, sudato, non regolarizzato e soprattutto proveniente da una famiglia che, a suo piacimento, potrebbe anche decidere di non versarmelo affatto!

Ebbene, Signori, questa è la mia vita e quella di tutti miei colleghi, quelli sì, colleghi veri. Persone che come me sono Assistenti alla comunicazione. In queste condizioni. Insomma, i miei colleghi Clandestini.


venerdì 29 ottobre 2010

E io, che faccio?

Vorrei intervenire con la mia storia al dibattito sul ruolo dell'Assistente alla Comunicazione.

Da tre anni lavoro in un CFP di Milano. Nonostante sia sempre stata collaborativa nei confronti dei docenti, nessuno mi ha mai tenuta in considerazione in nessun passo educativo verso l'allievo, ma cosa ancor peggiore, nessuno ha mai tenuto conto dell'allievo stesso.
Non mi dilungo sulle battaglie che ho dovuto sostenere (comuni a molte colleghe) anche solo per fare prendere nota dello studente sordo ai docenti curricolari.
Grandi difficoltà, ma anche soddisfazioni, quando sono riuscita a creare un legame con questo ragazzo  -aiutandolo almeno in parte ad uscire dal suo isolamento- e con i suoi compagni. Certo, ho commesso anche errori, ma ho fatto veramente ogni sforzo per fare bene ed ho chiesto aiuto a tanti esperti.

Ora, lo scorso anno è stata messa nella nostra classe una "tutor". E pare che costei ce l'abbia con me.
Non perde occasione -soprattutto ultimamente- per crearmi problemi. Ecco alcuni esempi:
1) In presenza degli allievi ha pronunciato codesta frase "B. non fa parte dello staff" (dove B. sono io).
2) Un altro giorno in un momento di confusione un ragazzo s'è girato per dirmi qualcosa e lei lo ha redarguito così "B. esiste solo in funzione di F." (dove il mio ragazzino è F).
3) Avevo bisogno di un documento per l'università, documento di cui è in possesso la direzione. So per certo che è stato ricevuto dalla direzione. L'ho chiesto un mese prima di doverlo presentare. L'ho chiesto più volte. Non è mai arrivato nulla. Avere quel foglio sarebbe stata una sciocchezza. Ma lei non l'hai cercato. Al suo posto mi ha fornito un sacco di scuse.
4)Una mattina sono arrivata contemporaneamente ad un ragazzo (G.). Quando ci ha visto entrare ha chiesto: "B, non avrai tenuto fuori G. facendolo arrivare in ritardo?" In presenza della classe e del docente.
Notate, G. arriva in ritardo 5 giorni di scuola su 5.
5) Non vengo informata sugli orari, sui cambiamenti (frequenti) degli stessi. Copio l'orario dal diario del mio ragazzino.

Manca l'ultimo episodio, molto grave a mio parere, che mi ha convinta che devo cambiare caso: E' una decisione molto dura, non solo perchè al momento NON ho un altro reddito, ma perchè questo ragazzo sordo mi è molto caro, so quanto ho fatto per lui -e ne vado fiera- e che colpo gli infliggerei qualora io me ne andassi.

Ma a chi posso chiedere aiuto? Non ho un contratto, quindi non posso rivolgermi ai sindacati, non ho un referente qualunque, solo la madre che però non mi sembra il tipo che batte i pugni sul tavolo. Non posso parlare con la preside, che ovviamente sta dalla parte della tutor.
Posso denunciare la tutor per molestie personali?

Non c'è nessuno che supporti il nostro lavoro di Assistenti alla Comunicazione, non c'è un organo che regoli i nostri rapporti con famiglie e scuole, che controlli il nostro operato, che ci sostenga (anche psicologicamente) per fare il nostro bellissimo lavoro nel migliore dei modi, considerato anche il fatto che abbiamo un rapporto uno ad uno col nostro assistito che non può per forza di cose essere freddo e spesso diventa quasi simbiotico.

Se questa occupazione continua ad essere non gestita, sistematicamente ignorata e sfruttata rischiamo che scompaia o che diventi (e forse lo è già in parte) un lavoro di ripiego per chi non sa che altro fare, con le inevitabili conseguenze che questo porterebbe per i ragazzi sordi e ciechi che usufruiscono di questo servizio.

Pensiamoci.

Arrabbiatissima B.

giovedì 28 ottobre 2010

Una Storia ed un link...

Evviva, le Assistenti alla Comunicazione continuano a mandarci le loro storie. Ecco quella di Carlotta, che ha anche creato un sito con l'intento di proporre un dialogo fra Udenti e Sordi. Si chiama"SegnAli di Comunicazione"   http://segnalidicomunicazione.jimdo.com . Carlotta ci invita ad intervenire con opinioni, suggerimenti e racconti.
Buona lettura!
"Stamattina arrivo a scuola in anticipo.
Sono stanca, assonnata, ho mal di pancia e ieri è stata una giornata davvero faticosa. Da lunedì seguo un bambino stupendo; pieno di problemi, ma speciale in un modo che non si sa da che parte cominciare a volergli bene.
Metto piede a scuola e con vergognosa indolenza mi dico che vorrei non essere lì, nell'atrio gelido di una scuola riscaldata solo a metà, ad aspettare M. che ieri mi ha fatto faticare all'inverosimile, mezzo-litigare con la bobliotecaria, tremare le gambe nello sforzo di trattenere il suo volere tutto e subito (anche quando il "tutto" è di un suo compagno di classe fin troppo paziente e ragionevole) e arrivare a casa in uno stato pietoso. Guardo i minuti passare e penso che oggi, qualche minuto in meno di fatica me lo sono proprio meritato.

Poi arriva lui, in un momento in cui sono distratta, mi sono allontanata e, guardando con la coda dell'occhio verso l'ingresso, incrocio il suo sguardo che mi cerca e scoppia in un sorriso come solo certi bambini sanno fare, nonappena mi vede.

E' fatta.

Finita la stanchezza, dimenticato in un secondo il mal di pancia. Mi prende per mano e col suo modo goffo mi trascina letteralmente in classe.

Questa mattina, M. mi ha regalato sensazioni impagabili per chi, come me, fa questo tipo di mestiere. Uscendo da scuola ho camminato, dopo tanto tempo che non succedeva, decisa e sorridente.
Faccio DAVVERO un lavoro che non cambierei con nessuno al mondo. Senza uno straccio di contratto, mistrattata e non riconosciuta dal Ministero dell'Istruzione né praticamente da nessun altro organo competente del nostro paese, più precaria di un operatore di call-center (e questa è una vergogna al di là di tutto) ma Dio! che meraviglia!"

venerdì 22 ottobre 2010

C'era una volta...

Ecco un'altra storia di Assistenti alla Comunicazione, che illumina altri problemi affrontati non solo dalle Assistenti, ma anche dai ragazzi che assistono.
Continuate a scriverci!

Due assitenti alla comunicazione che si recavano ogni giorno a casa di una principessa sorda
a scuola dicevano di lasciar perdere, la principessa era affetta da un ritardo mentale, inutile ogni tentativo di svegliarla dal suo letargo intellettuale.
una delle due assitenti ebbe l'onore di entrare a scuola per far da assistente alla comunicazione
l'altra contiunuò a casa, ogni pomeriggio, tre, quettro ore, sino allo sfinimento... dell'assistente, ché la Principessa aveva scoperto di amare sapere le cose!
Le due assistenti allora cominciarono a mostrare i progressi ai genitori i quali piangendo felici ringraziarono, nei loro occhi spariva la preoccupazione del poi, avevano di nuovo la loro principessa.
Gli stessi risultati vennero mostrati ai docenti che non piansero e non furono felici.
Iniziò così una guerra tremenda che sconvolse l'intero sistema mondiale: le stagioni si invertirono, il giorno divenne notte e la notte divenne giorno, nessun sabato, nessuna domenica, la Principessa studiava e più studiava più recuperava gli anni persi nell'oblio.
trascorsero due anni e due insegnanti di sostegno vennero fatti fuori dal coraggio indomito dei genitori
iniziò il terzo anno, dopo una bocciatura motivata dall'insufficenza in quasi tutte le materie, perché la principessa o è handicappata o è come gli altri e se non è andicappata allora deve essere come gli altri.
e chi se ne frega che sia sorda?
il terzo anno comincia con la principessa che ancora vuole studiare, quasi senza il pensiero del successo scolastico, mangia la divina commedia, divora l'inglese, si appassiona alla storia, gioca con la matematica e la grammatica ed essendo una principessa perdona l'assistente che ogni tanto fa confusione tra le proposizioni complementari soggettive, oggettive e dichiarative... e gliele rispiega con garbo e dedizione.
ma i professori continuano a pretendere la risposta: è handicappata o come gli altri?
e nessuno riesce a far comprendere che è sorda, tutto qui, niente di più e niente di meno.
le due assistenti sono abbastanza sfinite, mal pagate, lapidate, ma sempre sostenute solo dallo sguardo di quei due genitori a cui hanno restituito una principessa.
 A.

sabato 2 ottobre 2010

FAVOLA VERA DI UN'ASSISTENTE ALLA COMUNICAZIONE.

Pubblichiamo la prima testimonianza arrivata dopo il nostro appello a raccontare le vostre storie di Assistenti alla Comunicazione. Ringraziamo la collega e vi lasciamo alla lettura della sua "favola".

C'era una volta un'assistente alla comunicazione che seguiva, da ormai due anni, un ragazzo sordo.

Aveva dato anima e corpo per questo lavoro, i risultati scolastici di fine anno erano ottimi.

La scuola e le altre insegnanti erano orgogliose e riconoscenti del lavoro svolto.

Il ragazzo e i suoi compagni le erano molto affezionati.

Come in tutte le favole, però, a rovinare l'idillio una terribile sciagura si nascondeva dietro l'angolo.

Un pomeriggio d'estate, infatti, mentre la ragazza si godeva il meritato riposo, le arrivò, TRAMITE SMS, una spiacevole notizia:

"Forse mio figlio cambierà scuola. Andrà lontano, lontano e quindi non potrai più seguirlo".

La ragazza era dispiaciuta di distaccarsi dal ragazzino, ma allo stesso tempo era contenta per lui; forse in una struttura specializzata si sarebbe trovato meglio.

L'ex-assistente, sapendo non sarebbe stata un'impresa facile, si rimboccò le maniche e con ottimismo cominciò a cercare un altro lavoro.

Alcune settimane dopo, però, proprio tramite la sua ricerca, la nostra protagonista scoprì una serie di indizi che la portarono ad una sola e terribile conclusione: era stata ingannata.
A sua insaputa, la famiglia stava cercando una nuova assistente che l'avrebbe sostituita..ma non lontano, lontano..bensì nella medesima scuola!

"Ma allora non è vero che il ragazzo cambierà scuola?" gridava disperata la nostra assistente.
"Perchè non sono stati chiari con me fin dall'inizio? Mi hanno preso in giro!"

"Pensare che per poter continuare il percorso con il ragazzo, ho pure rinunciato ad un allettante proposta di lavoro"diceva piangendo.

Care assistenti, un'umiliazione così, dopo tanto lavoro e nonostante l'apprezzamento di colleghi e insegnanti, la nostra protagonista non se l'aspettava proprio.

Un datore di lavoro non dovrebbe dare spiegazioni "reali" prima di licenziare un suo dipendente?

Non basta tutta l'immaginazione di un narratore per trovare le cause di quanto successo...sarà stato per antipatia oppure per un capriccio del ragazzo...una cosa è certa:

Questa storia avrei potuto risparmiarvela se la professione dell'Assistente alla comunicazione fosse tutelata e riconosciuta come tutte le altre!

Dobbiamo fare qualcosa!
                                                                                                                                 Anonima

giovedì 9 settembre 2010

Ricominciamo!

Finita l'estate, eccoci di nuovo qui: il nostro gruppo è al lavoro per riuscire a migliorare le nostre condizioni lavorative e far conoscere la nostra situazione a chi ci può aiutare.
Però non possiamo fare tutto da sole. Abbiamo bisogno delle vostre storie, per farle conoscere a tutti e dare un'idea anche a chi non lavora nel nostro ambito di cosa significa essere un'assistente alla comunicazione.
Vi invitiamo a scriverci, raccontandoci quello che vi succede o vi è successo, esperienze positive o negative. Anche i genitori sono invitati a scriverci, perchè sono loro i primi a vedere l'effetto del nostro operato e sono i loro figli i destinatari del nostro intervento.

Mandateci un' email allora, all'indirizzo assistenti.comunicazione.mi@gmail.com 
Pubblicheremo le vostre storie su questo blog, potete firmarle o utilizzare uno pseudonimo.
A presto!
Super Assistenti Alla Comunicazione

sabato 24 luglio 2010

Manifesto degli Assistenti alla Comunicazione

Noi Assistenti alla Comunicazione
Ci impegnamo a chiedere

1)      Riconoscimento della nostra figura professionale, con ruoli e responsabilità definiti;
2)      Un’adeguata retribuzione della nostra attività a norma di legge che ci consenta di pagare le tasse ed i contributi previdenziali e poter in futuro avere una pensione;
3)      Copertura assicurativa sul luogo di lavoro;
4)      Il riconoscimento dei diritti derivanti la maternità e paternità;
5)      L’istituzione di regolari corsi di formazione ed aggiornamento finanziati dallo Stato o dagli Enti Locali;
6)      Continuità lavorativa garantita;
7)      Supervisione da parte di un organo superiore che costituisca un riferimento per questioni strettamente professionali e legali.