venerdì 29 ottobre 2010

E io, che faccio?

Vorrei intervenire con la mia storia al dibattito sul ruolo dell'Assistente alla Comunicazione.

Da tre anni lavoro in un CFP di Milano. Nonostante sia sempre stata collaborativa nei confronti dei docenti, nessuno mi ha mai tenuta in considerazione in nessun passo educativo verso l'allievo, ma cosa ancor peggiore, nessuno ha mai tenuto conto dell'allievo stesso.
Non mi dilungo sulle battaglie che ho dovuto sostenere (comuni a molte colleghe) anche solo per fare prendere nota dello studente sordo ai docenti curricolari.
Grandi difficoltà, ma anche soddisfazioni, quando sono riuscita a creare un legame con questo ragazzo  -aiutandolo almeno in parte ad uscire dal suo isolamento- e con i suoi compagni. Certo, ho commesso anche errori, ma ho fatto veramente ogni sforzo per fare bene ed ho chiesto aiuto a tanti esperti.

Ora, lo scorso anno è stata messa nella nostra classe una "tutor". E pare che costei ce l'abbia con me.
Non perde occasione -soprattutto ultimamente- per crearmi problemi. Ecco alcuni esempi:
1) In presenza degli allievi ha pronunciato codesta frase "B. non fa parte dello staff" (dove B. sono io).
2) Un altro giorno in un momento di confusione un ragazzo s'è girato per dirmi qualcosa e lei lo ha redarguito così "B. esiste solo in funzione di F." (dove il mio ragazzino è F).
3) Avevo bisogno di un documento per l'università, documento di cui è in possesso la direzione. So per certo che è stato ricevuto dalla direzione. L'ho chiesto un mese prima di doverlo presentare. L'ho chiesto più volte. Non è mai arrivato nulla. Avere quel foglio sarebbe stata una sciocchezza. Ma lei non l'hai cercato. Al suo posto mi ha fornito un sacco di scuse.
4)Una mattina sono arrivata contemporaneamente ad un ragazzo (G.). Quando ci ha visto entrare ha chiesto: "B, non avrai tenuto fuori G. facendolo arrivare in ritardo?" In presenza della classe e del docente.
Notate, G. arriva in ritardo 5 giorni di scuola su 5.
5) Non vengo informata sugli orari, sui cambiamenti (frequenti) degli stessi. Copio l'orario dal diario del mio ragazzino.

Manca l'ultimo episodio, molto grave a mio parere, che mi ha convinta che devo cambiare caso: E' una decisione molto dura, non solo perchè al momento NON ho un altro reddito, ma perchè questo ragazzo sordo mi è molto caro, so quanto ho fatto per lui -e ne vado fiera- e che colpo gli infliggerei qualora io me ne andassi.

Ma a chi posso chiedere aiuto? Non ho un contratto, quindi non posso rivolgermi ai sindacati, non ho un referente qualunque, solo la madre che però non mi sembra il tipo che batte i pugni sul tavolo. Non posso parlare con la preside, che ovviamente sta dalla parte della tutor.
Posso denunciare la tutor per molestie personali?

Non c'è nessuno che supporti il nostro lavoro di Assistenti alla Comunicazione, non c'è un organo che regoli i nostri rapporti con famiglie e scuole, che controlli il nostro operato, che ci sostenga (anche psicologicamente) per fare il nostro bellissimo lavoro nel migliore dei modi, considerato anche il fatto che abbiamo un rapporto uno ad uno col nostro assistito che non può per forza di cose essere freddo e spesso diventa quasi simbiotico.

Se questa occupazione continua ad essere non gestita, sistematicamente ignorata e sfruttata rischiamo che scompaia o che diventi (e forse lo è già in parte) un lavoro di ripiego per chi non sa che altro fare, con le inevitabili conseguenze che questo porterebbe per i ragazzi sordi e ciechi che usufruiscono di questo servizio.

Pensiamoci.

Arrabbiatissima B.

giovedì 28 ottobre 2010

Una Storia ed un link...

Evviva, le Assistenti alla Comunicazione continuano a mandarci le loro storie. Ecco quella di Carlotta, che ha anche creato un sito con l'intento di proporre un dialogo fra Udenti e Sordi. Si chiama"SegnAli di Comunicazione"   http://segnalidicomunicazione.jimdo.com . Carlotta ci invita ad intervenire con opinioni, suggerimenti e racconti.
Buona lettura!
"Stamattina arrivo a scuola in anticipo.
Sono stanca, assonnata, ho mal di pancia e ieri è stata una giornata davvero faticosa. Da lunedì seguo un bambino stupendo; pieno di problemi, ma speciale in un modo che non si sa da che parte cominciare a volergli bene.
Metto piede a scuola e con vergognosa indolenza mi dico che vorrei non essere lì, nell'atrio gelido di una scuola riscaldata solo a metà, ad aspettare M. che ieri mi ha fatto faticare all'inverosimile, mezzo-litigare con la bobliotecaria, tremare le gambe nello sforzo di trattenere il suo volere tutto e subito (anche quando il "tutto" è di un suo compagno di classe fin troppo paziente e ragionevole) e arrivare a casa in uno stato pietoso. Guardo i minuti passare e penso che oggi, qualche minuto in meno di fatica me lo sono proprio meritato.

Poi arriva lui, in un momento in cui sono distratta, mi sono allontanata e, guardando con la coda dell'occhio verso l'ingresso, incrocio il suo sguardo che mi cerca e scoppia in un sorriso come solo certi bambini sanno fare, nonappena mi vede.

E' fatta.

Finita la stanchezza, dimenticato in un secondo il mal di pancia. Mi prende per mano e col suo modo goffo mi trascina letteralmente in classe.

Questa mattina, M. mi ha regalato sensazioni impagabili per chi, come me, fa questo tipo di mestiere. Uscendo da scuola ho camminato, dopo tanto tempo che non succedeva, decisa e sorridente.
Faccio DAVVERO un lavoro che non cambierei con nessuno al mondo. Senza uno straccio di contratto, mistrattata e non riconosciuta dal Ministero dell'Istruzione né praticamente da nessun altro organo competente del nostro paese, più precaria di un operatore di call-center (e questa è una vergogna al di là di tutto) ma Dio! che meraviglia!"

venerdì 22 ottobre 2010

C'era una volta...

Ecco un'altra storia di Assistenti alla Comunicazione, che illumina altri problemi affrontati non solo dalle Assistenti, ma anche dai ragazzi che assistono.
Continuate a scriverci!

Due assitenti alla comunicazione che si recavano ogni giorno a casa di una principessa sorda
a scuola dicevano di lasciar perdere, la principessa era affetta da un ritardo mentale, inutile ogni tentativo di svegliarla dal suo letargo intellettuale.
una delle due assitenti ebbe l'onore di entrare a scuola per far da assistente alla comunicazione
l'altra contiunuò a casa, ogni pomeriggio, tre, quettro ore, sino allo sfinimento... dell'assistente, ché la Principessa aveva scoperto di amare sapere le cose!
Le due assistenti allora cominciarono a mostrare i progressi ai genitori i quali piangendo felici ringraziarono, nei loro occhi spariva la preoccupazione del poi, avevano di nuovo la loro principessa.
Gli stessi risultati vennero mostrati ai docenti che non piansero e non furono felici.
Iniziò così una guerra tremenda che sconvolse l'intero sistema mondiale: le stagioni si invertirono, il giorno divenne notte e la notte divenne giorno, nessun sabato, nessuna domenica, la Principessa studiava e più studiava più recuperava gli anni persi nell'oblio.
trascorsero due anni e due insegnanti di sostegno vennero fatti fuori dal coraggio indomito dei genitori
iniziò il terzo anno, dopo una bocciatura motivata dall'insufficenza in quasi tutte le materie, perché la principessa o è handicappata o è come gli altri e se non è andicappata allora deve essere come gli altri.
e chi se ne frega che sia sorda?
il terzo anno comincia con la principessa che ancora vuole studiare, quasi senza il pensiero del successo scolastico, mangia la divina commedia, divora l'inglese, si appassiona alla storia, gioca con la matematica e la grammatica ed essendo una principessa perdona l'assistente che ogni tanto fa confusione tra le proposizioni complementari soggettive, oggettive e dichiarative... e gliele rispiega con garbo e dedizione.
ma i professori continuano a pretendere la risposta: è handicappata o come gli altri?
e nessuno riesce a far comprendere che è sorda, tutto qui, niente di più e niente di meno.
le due assistenti sono abbastanza sfinite, mal pagate, lapidate, ma sempre sostenute solo dallo sguardo di quei due genitori a cui hanno restituito una principessa.
 A.

sabato 2 ottobre 2010

FAVOLA VERA DI UN'ASSISTENTE ALLA COMUNICAZIONE.

Pubblichiamo la prima testimonianza arrivata dopo il nostro appello a raccontare le vostre storie di Assistenti alla Comunicazione. Ringraziamo la collega e vi lasciamo alla lettura della sua "favola".

C'era una volta un'assistente alla comunicazione che seguiva, da ormai due anni, un ragazzo sordo.

Aveva dato anima e corpo per questo lavoro, i risultati scolastici di fine anno erano ottimi.

La scuola e le altre insegnanti erano orgogliose e riconoscenti del lavoro svolto.

Il ragazzo e i suoi compagni le erano molto affezionati.

Come in tutte le favole, però, a rovinare l'idillio una terribile sciagura si nascondeva dietro l'angolo.

Un pomeriggio d'estate, infatti, mentre la ragazza si godeva il meritato riposo, le arrivò, TRAMITE SMS, una spiacevole notizia:

"Forse mio figlio cambierà scuola. Andrà lontano, lontano e quindi non potrai più seguirlo".

La ragazza era dispiaciuta di distaccarsi dal ragazzino, ma allo stesso tempo era contenta per lui; forse in una struttura specializzata si sarebbe trovato meglio.

L'ex-assistente, sapendo non sarebbe stata un'impresa facile, si rimboccò le maniche e con ottimismo cominciò a cercare un altro lavoro.

Alcune settimane dopo, però, proprio tramite la sua ricerca, la nostra protagonista scoprì una serie di indizi che la portarono ad una sola e terribile conclusione: era stata ingannata.
A sua insaputa, la famiglia stava cercando una nuova assistente che l'avrebbe sostituita..ma non lontano, lontano..bensì nella medesima scuola!

"Ma allora non è vero che il ragazzo cambierà scuola?" gridava disperata la nostra assistente.
"Perchè non sono stati chiari con me fin dall'inizio? Mi hanno preso in giro!"

"Pensare che per poter continuare il percorso con il ragazzo, ho pure rinunciato ad un allettante proposta di lavoro"diceva piangendo.

Care assistenti, un'umiliazione così, dopo tanto lavoro e nonostante l'apprezzamento di colleghi e insegnanti, la nostra protagonista non se l'aspettava proprio.

Un datore di lavoro non dovrebbe dare spiegazioni "reali" prima di licenziare un suo dipendente?

Non basta tutta l'immaginazione di un narratore per trovare le cause di quanto successo...sarà stato per antipatia oppure per un capriccio del ragazzo...una cosa è certa:

Questa storia avrei potuto risparmiarvela se la professione dell'Assistente alla comunicazione fosse tutelata e riconosciuta come tutte le altre!

Dobbiamo fare qualcosa!
                                                                                                                                 Anonima