giovedì 6 settembre 2012

Corso di Italiano per Stranieri Sordi a Milano 2012/2013

Siamo ormai al quarto anno del Corso di Italiano per Stranieri Sordi del Servizio Sordi del Comune di Milano, un corso unico in Italia, gratuito, che permette agli adulti stranieri di accedere alla Lingua Italiana e contemporaneamente di sostenere l'esame per il diploma di terza media (ex 150 ore).

Per informazioni ed iscrizioni:
Servizio Sordi del Comune di Milano, viale Zara 100, 
dal Lunedì al Giovedì, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 16.00
Telefono 0288462800/01/15
email: PSS.ServSordi@comune.milano.it


lunedì 3 settembre 2012

Quale Futuro per l'Assistente alla Comunicazione?


Dopo quasi cinque anni di attività come assistente alla comunicazione posso dire di avere una discreta panoramica della situazione milanese-lombarda, oltre che qualche elemento di quelle di altre regioni.
Lavorando ed incontrando le mie colleghe ho iniziato a farmi delle domande, alle quali pensavo sarebbe bastata la passione per rispondere. Ma oggi mi rendo conto che la passione non basta più, ci vogliono delle risposte serie.

Sono arrivata a quest'attività per caso, come molte colleghe, trascinata dall'entusiasmo per la Lingua dei Segni. Quando ho iniziato ho accettato via via che le scoprivo, le condizioni di lavoro: la mancanza di un contratto, la paga miserrima, la mancanza di considerazione da parte del corpo insegnante con tutte le conseguenze.

Nel frattempo, oltre ad affrontare i miei problemi, ascoltavo quelli delle colleghe: costrette a scrivere il PEI per i ragazzi che seguivano (compito questo dell'insegnante di sostegno), spedite fuori dalla classe perchè gli insegnanti curricolari non volevano la presenza dell'allievo disabile, prese tra famiglia e scuola, malpagate e (a volte) non pagate, grazie al sistema della Provincia di Milano. A tutto questo si aggiungeva spesso la sensazione d'impotenza per la frustrazione per l'atteggiamento di alcuni insegnanti, incapaci di comprendere le difficoltà cognitive di un ragazzo con disabilità sensoriale che non sono sovrapponibili a quelle derivanti da altre disabilità (mi riferisco in particolarmente alla sordità -che conosco meglio- ma anche la cecità credo ponga problematiche particolarissime non assimilabili ad altre).
Ma ero fiduciosa che le cose sarebbero migliorate, che sarebbe bastata la passione a mettere in moto la macchina del merito ed il buonsenso avrebbe prevalso.

Mentre lavoravo cercavo di aggiornarmi: ho seguito corsi, alcuni seri altri meno, investendo denaro e anche molto tempo libero che ho sottratto alla famiglia; ho seguito dibattiti e sentito spesso teorizzare il ruolo dell'assistente alla comunicazione (un ponte tra sordi e udenti, una coordinazione tra famiglia, riabilitatori, scuola e ragazzo sordo) per scoprire poi che la realtà è ben diversa dalla teoria e non c'è un ruolo definito, il modo in cui sarai considerata dipende dalla fortuna, non dalla tua professionalità.

Poi quest'anno, finalmente, dopo anni di falsi allarmi, sembrava che fosse deciso un grande cambiamento, il passaggio di competenze per i disabili sensoriali dalla Provincia al Comune di Milano. Un passaggio che noi tutte assistenti speravamo avrebbe portato alla contrattualizzazione e quindi al riconoscimento di questa figura che -volenti o nolenti- allo stato attuale è un supporto necessario agli studenti con disabilità sensoriale.
Paura, speranza, e poi la delusione. Nessun passaggio, nessuna seria presa in carico da parte del Comune, della Provincia o di un'ente (cooperativa) incaricato. Invece, un contributo fisso erogato alle famiglie, che si devono preoccupare di regolarizzare l'operatrice rivolgendosi loro stesse ad una cooperativa, alla scuola o a un caaf.
Non si parla dell'istituzione di un albo, non si parla di valorizzare la professionalità di tante assistenti che da anni fanno il loro dovere in condizioni lavorative da barzelletta.
La feroce ironia di tutto questo è poi che molte colleghe si vedono costrette ad informarsi presso i caaf o i commercialisti per sapere come essere regolarizzate, aggiungendo un altro compito ( ed un'altra spesa), chiaramente non di loro competenza, ai tanti già svolti più o meno dovuti.

A questo punto le domande che mi sono fatta diventano imprescindibili per continuare a fare questo lavoro, se vogliamo ancora chiamarlo così:

  1. Che lavoro è quello che richiede per forza una preparazione (educativa, nella LIS...) per la quale è il lavoratore che paga e poi il suo compenso è costituito da un contributo (che come tale andrebbe -ma non è- integrato dalla famiglia) e non esiste un salario minimo?
  1. Che lavoro è quello in cui non sono chiari i compiti e ti puoi trovare a fare qualunque cosa, che sia tua competenza o meno, in virtù di una presunta responsabilità del ragazzo disabile che ti viene affidato in tutto e per tutto?
  2. Che futuro c'è per un lavoro che non è di fatto riconosciuto, in cui non contano anzianità e titolo di studio e per il quale non esiste possibilità di miglioramento, di aggiornamento serio e strutturato e di conseguenza di carriera? Un lavoro che si gioca sul filo di tempi strettissimi, con contratti (quando ci sono) rinnovati pochi giorni prima dell'inizio delle scuole e spesso lascia nell'incertezza non solo le operatrici, ma le stesse famiglie che non hanno all'inizio di settembre ancora un'assistente per loro figlio?
  3. Che futuro c'è per un lavoro che per tutti i motivi di cui sopra rischia di perdere ( e di fatto già perde) continuamente gli operatori più qualificati e abili che di fronte alle condizioni a cui sono sottoposti preferiscono darsi ad altre attività, riconosciute e meglio e regolarmente retribuite?

Pensiamo poi al ragazzo sordo, che per primo subisce le conseguenze di questa situazione: fino ad oggi si è fatta leva sull'inevitabile senso di responsabilità dell'assistente nei confronti di chi le è affidato, ed io e tantissime colleghe abbiamo resistito a situazioni terrificanti e portato a termine il nostro compito tra grandi difficoltà, in nome di questa responsabilità. Ma non può andare avanti così per sempre. Se ci viene offerta una possibilità migliore, perchè dovremmo rifiutare? E' una legge del mercato del lavoro, che però può avere ricadute tutt'altro che indolori. E nonostante tutto, le assistenti alla comunicazione sono al momento l'unica soluzione in un sistema scolastico che non ha completato (sia strutturalmente che emotivamente) l'integrazione dei ragazzi disabili.
Insomma, l'assistente alla comunicazione può anche scomparire, ma chi si assumerà le responsabilità educative che ora ricadono su di lei?

Se infine le istituzioni devono fare la loro parte, anche noi assistenti dobbiamo diventare consapevoli del nostro ruolo e della nostra professionalità, di quanto vale la nostra preparazione ed esperienza, ed essere disposte a metterci in gioco per chiedere (ed ottenere!) quanto ci spetta. Altrimenti, non c'è futuro.